La Copertina
Devo dire che Michael Collins ha scritto un resoconto del periodo che ha passato nella NASA schietto e divertente. Ha affrontato la scrittura pretendendo che non ci fosse il ricorso ad una revisione del testo o alla collaborazione con co-autori. Ne è risultato un libro molto piacevole da leggere, con momenti di puro divertimento senza però perdere in autorevolezza.
Collins dedica poco spazio agli anni giovanili della sua formazione e si lancia subito nel racconto del periodo speso come pilota collaudatore.
Passa poi a descrivere la trafila della selezione con gli interminabili test fisici e psico-attitudinali. Racconta del suo impatto con la NASA e dell’addestramento. La descrizione dei corsi di sopravvivenza nella giungla e nel deserto ha dei momenti di pura comicità.
Qua e là nel testo Collins dimostra una abilità notevole nella divulgazione scientifica: prendo ad esempio la descrizione dei sistemi di guida di Apollo o la descrizione del come vennero selezionati i luoghi di allunaggio (le più chiare che abbia mai letto).
Il ibro contiene l’ammissione di Collins di aver scoperto di soffrire di claustrofobia durante la preparazione per il suo volo Gemini 10 e di come ne sa venuto a patti.
L’autore svela anche il perchè ha mollato dopo Apollo 11: semplicemente aveva dato molto per quella missione e per il precedente volo Gemini, non se la sentiva di affrontare, e di far affrontare alla sua famiglia, nuovamente tutta la trafila che la NASA avrebbe richiesto per portarlo ad essere il comandante di una missione con allunaggio. Seguendo la rotazione degli equipaggi Apollo deciso da Slayton, Collins sarebbe stato comandante di Apollo 17, dopo aver svolto un ruolo nell’equipaggio di backup di Apollo 14.
Il libro è arricchito da alcuni divertenti aneddoti tra cui segnalo:
- il racconto di come le tute spaziali venissero costruite e come tra lui e il vuoto cosmico ci fossero pochi millimetri di tessuti e altri materiali tenuti insieme da cuciture fatte da vecchie signore con ago, filo e in alcuni casi con la colla
- la descrizione del ripasso della procedura di rientro modificata per Apollo 11 resasi necessaria a causa del maltempo nel luogo previsto per l’ammaraggio: dopo averla ripassata a lungo, il CAPCOM concluse con un “OK that’s mighty fine” (“OK, va benissimo così”), Collins ammette di aver voluto rispondere “mighty fine my ass, I have to flight it”, non credo serva la traduzione 🙂
- ilare quando racconta del rimborso spese per il volo Gemini 10 (24$ per 3 giorni, rimborso standard dei piloti collaudatori in missione): “Avrei voluto chiedere 7 cents per miglia, avrebbe fatto circa 80.000 Dollari. Senonchè qualcuno (Schirra?) ci aveva già provato ai tempi del Progetto Mercury e in tutta risposta si era visto recapitare una fattura di un paio di milioni di dollari, il prezzo di un razzo Atlas”
- la descrizione di Aldrin, vestito di tutto punto per una cerimonia con una spilla o una toppa per ognuno dei suoi molteplici ruoli o titoli accademici
Segnalo anche le riflessioni finali dopo il volo storico di Apollo 11 (molto bello il Discorso delle 100.000 Miglia), il racconto della lettera ricevuta da Charles Lindbergh (autore della prefazione del libro tra l’altro) e quello del discorso fatto di fronte al Congresso USA.
Il libro si legge piacevolmente in un ottimo inglese, non particolarmente complesso ma con l’uso di un buon numero di espressioni gergali (per la cui interpretazione corretta sono grato ad internet e ai colleghi americani).
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