Scienza dall’orbita lunare

La SIM bay di Apollo 15

Quando ancora si stava lavorando alla riuscita di Apollo 11, i dirigenti della NASA erano già alle prese con le prime richieste di tagli alle spese del programma spaziale. Divenne rapidamente chiaro che ci sarebbe stata una riduzione nel numero delle missioni, sebbene il materiale necessario (i razzi Saturn V, i CSM, i LM …) fosse già in corso di realizzazione. Venne infatti annunciato prima il taglio di Apollo 20 e successivamente di Apollo 18 e 19. A causa di questo e nel contempo grazie al successo delle prime missioni lunare (vabbè sorvoliamo su Apollo 13 🙂 ), venne deciso che le ultime tre missioni sarebbero state missioni di Tipo J (sulla base della sequenza elaborata anni prima): missioni ad alto contenuto scientifico con estese attività extra-veicolari e un notevole numero di esperimenti ed equipaggiamento, tutto questo ai fini di massimizzare il ritorno scientifico del programma.

Per poter effettuare missioni con questo profilo vennero realizzate alcune migliorie. Le più importanti furono:


  • la realizzazione un veicolo lunare, il Lunar Rover; una sorta di fuoristrada ridotto ai minimi termini per permettere una mobilità sulla superficie ben superiore a quella ottenibile facendo affidamento alle sole gambe degli astronauti e capace di trasportare un maggior numero di strumenti e campioni di roccia
  • l’estensione della capacità del modulo lunare, per permettere la permanenza sulla superficie lunare per almeno 3 giorni
  • l’estensione della capacità dei PLSS (gli zaini per il supporto vitale per gli astronauti) in modo da permettere EVA di lunga durata (il record fu di 7 ore 36 minuti e 56 secondi, EVA-2 di Apollo 17)
  • l’aggiunta in uno dei settori non utilizzati del SM di una SIM bay (Scientific Instrument Module), riempita con una serie di strumenti per permettere l’esecuzione di un programma di esperimenti dall’orbita molto più ampio di quello che il solo CMP fu in grado di eseguire nelle precedenti missioni

La posizione
della SIM bay

Come mostra lo schema, la SIM bay venne posizionata nel Settore 1 del SM, subito sotto il serbatoio supplementare di ossigeno aggiunto dopo l’incidente di Apollo 13. Era protetta ad un pannello per tutto il periodo dal lancio fino a poco prima della LOI (Lunar Orbit Injection); in pratica fino al momento in cui questo pannello venire espulso, il SM sembrava in tutto e per tutto uguale a quelli che lo avevano preceduto. L’apertura avveniva facendo esplodere alcune piccole cariche esplosive e il pannello si allontanava nello spazio, seguendo una traiettoria che lo avrebbe portato nelle vicinanze della Terra e da li poi in orbita attorno al sole (come avvenne ai primi S-IVB). Apollo 15 fu la prima missione ad effettuare questa manovra. Il CAPCOM Joe Allen, per alleggerire un po la tensione, giocò con le parole (e la fisica): “È con questa manovra che il pannello della SIM bay espelle la capsula?” Nello spazio, in assenza di atmosfera, per la 3a legge del moto di Newton (“Per ogni azione esiste una reazione uguale e contraria”) questa affermazione è valida esattamente come quella opposta (la capsula espelle il pannello) e, di primo acchito, più logica data la nostra esperienza diretta. Il radar Doppler utilizzato da Terra per seguire il volo dell’Apollo rilevò l’impulso al moto della capsula dovuto all’espulsione. Nel corso della manovra gli astronauti indossavano le tute spaziali, per timore di problemi alla pressurizzazione della cabina.

Lo schema della SIM bay
di Apollo 15 e 16

La SIM Bay di Apollo 15 e 16 conteneva otto strumenti:


  • Spettrometro a Raggi Gamma: lo strumento era montato su un’appendice estensibile di 7.6 m. Misurava la composizione della superficie lunare, lavorando insieme allo Spettrometro a Fluorescenza dei Raggi X e allo Spettrometro a Particelle Alfa
  • Spettrometro a Fluorescenza dei Raggi X: il secondo del trittico di esperimenti per misurare la composizione della superficie lunare, rilevava la fluorescenza dovuta all’interazione tra i Raggi X solari e la parte illuminata della superficie della Luna
  • Spettrometro a Particelle Alfa: misurava le particelle Alfa emesse dalla crosta lunare come prodotto degli isotopi del gas Radon. Il sensore era costituito da una matrice di 10 rilevatori al silicio

  • Fotocamera Panoramica (610 mm): era in grado di riprendere immagini stereo ad alta risoluzione (1 m) della superficie lunare. Le immagini prodotte erano lunghe strisce di 11.4 x 114.8 cm (come l’esempio qui accanto), il campo visivo era di 10.77° in senso longitudinale, mentre la rotazione delle lenti su un asse parallelo all’SM forniva un campo visivo di 108° (pari ad una copertura di 320 Km da un’attitudine di circa 100 km). Il sistema di lenti poteva ruotare in modo da proteggere l’obiettivo durante le manovre con gli RCS o le periodiche attività di spurgo dei sistemi di bordo. Il rullo di pellicola, del peso di 32.6 Kg, poteva contenere 1650 foto. Insieme alla fotocamera per la mappatura e l’altimetro laser (vedi sotto) contribuì alla realizzazione di una mappa dettagliata di parte della superficie lunare (ad esempio Apollo 15 mappò circa l’8% della superficie in questo modo)
  • Fotocamera per la Mappatura (76 mm): era in grado di fornire immagini del terreno con una risoluzione di 20 mt, impressionate su una pellicola da 127 mm. Comprendeva anche una fotocamera da 35mm orientata per riprendere il cielo stellato (orientata a 96° rispetto all’asse della fotocamera principale); il confronto con le stelle e la loro posizione permetteva una migliore individuazione della porzione di superficie ripresa
  • Altimetro Laser: era in grado di misurare l’altitudine del CSM con la precisione di un metro. Lo strumento era utilizzato congiuntamente alla fotocamera per la mappatura in modo da dare una correlazione dei dati sull’altitudine. La sorgente laser dell’altimetro era un laser al rubino operativo alla lunghezza d’onda di 6943 angstrom, forniva impulsi da 200 millijoule della durata di 10 nanosecondi con una frequenza di 3.75 impulsi al minuto
  • Spettrometro di Massa: utilizzato nel tentativo di misurare la composizione e la distribuzione della tenue atmosfera lunare. era montato su un’appendice estensibile lunga 7.3 m
  • Subsatellite: rilasciato in orbita lunare dalla SIM bay con tre esperimenti a bordo (un trasmettitore in S-Band, un magnetometro e un rilevatore di particelle). Il satellite era lungo 78.7 cm con un diametro di 35.6 cm e pesava 35.6 Kg

Per Apollo 17 vennero aggiunti ulteriori tre esperimenti:


  • Sonar Lunare: una serie di impulsi elettromagnetici ad alta frequenza (HF) e ad altissima frequenza (VHF) sparati verso la superficie lunare fornirono i dati per sviluppare un modello geologico dell’interno della Luna fino ad una profondità di 1.3 Km. In aggiunta ai dati stratigrafici, strutturali, tettonici e topografici delle zone sorvolate da Apollo 17, l’ecometro ha misurato il livello del rumore elettromagnetico ambientale sulla Luna a 5, 15 e 20 mHz e l’occultamento delle onde elettromagnetiche generate dal trasmettitore dell’esperimento sulle proprietà elettriche della superficie (installato sulla stessa dagli astronauti)
  • Infrared Scanning Radiometer (ISR): scopo di questo strumento fu la misurazione delle temperature durante la notte lunare e il ritmo di raffreddamento della superficie
  • Spettrometro dell’Ultravioletto Estremo: questo strumento fu usato nel tentativo di misurare l’emissione negli ultravioletti della atmosfera lunare, molto rarefatta ma presente. Era montato nella parte bassa della SIM bay ed era dotato di uno schermo per limitare la luce indesiderata

I controlli per attivare e disattivare i vari esperimenti e strumenti nonché quelli di apertura e chiusura delle coperture protettive si trovavano ovviamente nel CM.

Ron Evans (Apollo 17)
durante la sua EVA

Dopo che il CSM lasciava l’orbita lunare, ormai sulla strada del ritorno, il CMP effettuava una passeggiata spaziale per recuperare i rulli delle foto scattate tramite la Panoramic e la Mapping Camera ed effettuare un ispezione visiva dello stato degli strumenti. L’equipaggio indossava le tute spaziali, depressurizzava il CM, apriva il portello e il CMP, reggendosi ad una serie di maniglie appositamente predisposte, raggiungeva la SIM bay. Qui sistemava i piedi in un apposito appiglio e recuperava un rullo, ritornava al portello del CM e lo passava al LMP, che rimaneva per metà fuori dal portello in attesa. Questo balletto si ripeteva fino al recupero di tutti i rulli. Una nota finale su questa EVA: non era previsto che ci si portasse dietro un casco per il CMP. Ragion per cui, uno dei caschi utilizzati per le EVA sulla Luna veniva riciclato per questa attività.

PICCOLO QUIZ: Qualcuno riconosce un’area particolare ripresa nella foto panoramica qui sopra?

4 Risposte to “Scienza dall’orbita lunare”

  1. Simone Odino Says:

    Complimenti: ancora una volta mi hai sorpreso con qualcosa dell’Apollo che non conoscevo!
    Queto articolo è ottimo come densità e profondità di indagine.
    Complimenti ancora da un tuo fedele lettore.
    Simone

  2. raghnor Says:

    Grazie per i complimenti. Sapere che esistono dei “fedeli lettori” è sempre un gran piacere ed uno stimolo. Se hai qualche argomento in particolare che vorresti vedere trattato, segnalamelo pure. Proverò ad accontentarti.

  3. Vittorio Says:

    la realizzazione un veicolo lunare, il Lunar Rover …
    raghnor, se ti può interessare conosco personalmente uno degli ingegneri che all’epoca hanno progettato il Lunar Rover. Lui (all’epoca dipendente della Bouing) è stato coprogettista del sistema motori – ruote, è un italiano che si trasferì negli USA a 20 anni circa, dopo aver vinto una borsa di studio al MIT. Ora dopo tanti anni negli USA (e dopo aver preso anche la cittadinanza) è ritornato in Italia da pensionato.

  4. raghnor Says:

    Grazie Vittorio, sarebbe bello potergli rivolgere qualche domanda. Non ho mai pubblicato nulla sul Rover finora ma ci sto lavorando …

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